4 Marzo 2022

Gli USA contro le compagnie marittime: “Abbassare i prezzi, i vettori se ne sono approfittati”

Dopo gli spedizionieri europei e i caricatori continentali, adesso anche negli Stati Uniti esplode la protesta contro le compagnie marittime, secondo Washington ree di violare il principio di concorrenza.

Se il Clecat (l’associazione degli spedizionieri continentali) aveva scritto un paio di settimane fa alla Commissione Europea in merito al cortocircuito su servizi scadenti al passo di introiti senza limiti dei vettori, l’European Shippers Council (organizzazione europea delle filiere produttive) aveva richiesto a gran voce un’indagine sull’operato delle compagnie marittime. Ora, la nuova stoccata ai vettori arriva direttamente dagli Stati Uniti tramite la Federal Maritime Commission, il Department of Justice e il Presidente Joe Biden.

La Casa Bianca, anzitutto. Complice che i maggiori incrementi sono stati vissuti proprio dagli States, con noli a oltre 20mila dollari per la tratta Shanghai-Costa Orientale degli USA e il maggior congestionamento al mondo (non per scalo) sia stato quello del porto di Los Angeles con una presenza costante di una settantina di portacontainers in attesa a miglia e miglia dal porto, Washington D.C. ha affermato di avere come obiettivo quello di “abbassare i prezzi e ripristinare eque regole del gioco”. La Casa Bianca ha poi tuonato: “I grandi ocean carrier non possano approfittare della loro posizione a danno di imprese e consumatori statunitensi. Oggi tre alleanze globali (2M con MSC e Maersk, The Alliance con Hapag-Lloyd, ONE, & Yang Ming, Ocean Alliance con COSCO, OOCL, CMA CGM, and Evergreen), composte interamente da compagnie marittime straniere, controllano quasi tutto il trasporto marittimo e, con il potere di aumentare i prezzi per le imprese e i consumatori americani, minacciano la nostra sicurezza nazionale e la competitività economica”. Infine, criticando l’esplosione di noli, tariffe, cancellazioni o salti di prenotazione, detention and demuragge, la Casa Bianca ha concluso: “Tutto ciò si è tradotto in prezzi maggiori per i consumatori americani. Secondo la Fed e la Bce l’aumento del costo dei trasporti marittimi impatterà in un aumento dell’1% dei prezzi al consumo. Questo mentre i liner registrano ricavi elevati e margini di profitto vertiginosi. Alcune stime parlano di ricavi per 190 miliardi di dollari delle container shipping industry, con margini di profitto di circa il 56%”. Una critica al sistema, quindi. Un sistema basato su pratiche commerciali scorrette che impoveriscono filiere e clienti finali.

Contemporaneamente è stato avviato un agreement di cooperazione tra la Federal Maritime Commission e Department of Justice: l’accordo si basa sulla cooperazione tra esporti dell’Antitrust al fine di verificare violazioni dello Shipping Act e della giurisprudenza afferente. La FMC opererà nel settore normativo, industriale e sanzionatorio.

Di risposta, la World Shipping Council, rappresentante delle compagnie marittime, ha risposto seccamente: “L’accusa che l’industria del trasporto marittimo di container sia altamente concentrata e non competitiva è infondata. I trasportatori oceanici competono attivamente l’uno contro l’altro nel mercato globale, comprese le rotte di navigazione più importanti per il commercio degli Stati Uniti, mentre i livelli di concentrazione in molte altre industrie statunitensi sono notevolmente più alti (…) L’Ocean Shipping Reform Act, profondamente imperfetto, passato dalla Camera, non risolverà i guasti logistici a terra, che sono il cuore dei problemi della catena di approvvigionamento dell’America. In effetti, la legislazione, così come è stata scritta, peggiorerebbe la congestione esistente e soffocherebbe l’innovazione”.