22 Febbraio 2022

Crisi Donbass, USA e UE pronti a bloccare l’export

Con l’inizio delle operazioni militari russe nella regione del Donbass, gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno predisposto misure volte a bloccare l’export dell’area.

Con il riconoscimento delle regioni separatiste di Donetsk e Luhansk, facente parti dell’area del bacino del fiume Donec e in guerra civile con Kiev dal 2014, la Russia ha dato ufficialmente il via alla spirale di guerra che negli ultimi due mesi si è percepita sempre di più lungo il confine orientale dell’Ucraina. In risposta, le democrazie occidentali hanno predisposto un pacchetto di misure verso le esportazioni dalle aree del Donbass: sia gli Stati Uniti che l’Unione Europea si preparano così a bloccare l’export della regione separatista. Addirittura gli USA sembrano pronti a vietare ogni tipo di rapporto con quei territori da parte di cittadini e imprese a stelle e strisce.

I concitati incontri in seno al Consiglio UE Affari Esteri hanno prodotto una linea politica che prevede maxi sanzioni in caso di invasione del territorio che fino ad oggi è rimasto sotto il controllo di Kiev e mini sanzioni in caso di interventi locali e più contenuti. Una linea morbida sostenuta da Germania e Italia, contro una linea più massimalista supportata anzitutto dai Paesi Baltici, confinanti con la Russia. L’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell ha affermato ieri: “Se c’è un’annessione, se c’è un riconoscimento, ci sono le sanzioni, tenendo presente la procedura”, sulla scorta delle iniziative post annessione della Crimea nel 2014.

E se la Casa Bianca ha comunicato che le sanzioni cominceranno nelle prossime ore (“Misure punitive mai viste”, Joe Biden), la vice presidente statunitense Kamala Harris ha affermato che sull’entità: “Decideremo momento per momento, in considerazione di ciò che può accadere in termini di escalation”. Il Congresso USA sembrerebbe concorde in maniera bipartisan ad un’azione forte, prima che la Russia cominci le operazioni in grande stile in Donbass. Tuttavia, a meno di remote ipotesi (esempio: bombardamento di Kiev da parte di unità regolari russe), le iniziative non colpirebbero l’approvvigionamento di gas, il cui export vale il 15% del PIL russo.