Puntualità delle portacontainers, Flexport: transit-time Asia-Europa è cresciuto da 60 a 108 giorni
Se con la pandemia i noli via mare sono aumentati a dismisura, a volte segnando +600%, significando così utili record per le compagnie marittime, dall’altra parte i servizi offerti alle società esportatrici e importatrici sono sensibilmente peggiorati: l’indicatore più evidente è quello della (poca) puntualità delle portacontainers.
Avevamo già parlato di quante poche navi arrivassero in tempo rispetto agli schedules iniziali: nel mese di novembre 2021 si era toccato il minimo storico, eguagliando agosto, con solo il 33,6% delle portacontainers negli standard pre-dichiarati. Infatti, secondo la società di consulenza Sea-Intelligence, il restante 66,4% presentava ritardi più o meno lunghi. Ora, Flexport, società statunitense di brokeraggio, ha elaborato un indice definito Ocean Timeless Indicator (OTI) che – si legge nella descrizione ufficiale – “misura l’ammontare di tempo preso dalla nave portacontainer dal punto in cui la merce è prona a partire in esportazione a quando viene ricevuta dal porto di destinazione. Le due maggiori tratte sono quella dall’Asia al Nord America e dall’Asia all’Europa”. E se sulla prima rotta il transit-time è passato da 45-50 giorni del periodo pre-pandemico a 110 giorni della nuova era, sulla seconda l’intervallo temporale si è mosso da 55-60 a 108 giorni. Un macigno che pesa sulla puntualità delle portacontainers e porta quindi con sé come conseguenza produzioni che saltano, economie locali e non che girano a rilento (o a vuoto) e che potrebbe addirittura influenzare negativamente il mercato del lavoro, non solo quello legato strettamente alla supply chain.